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venerdì 12 ottobre 2012

.....PRENDIAMOCI UN CAFFE'......

A Napoli il caffè è un'icona. Insieme alla pizza, ai maccheroni e al babà, il caffè è il simbolo di Napoli nel mondo. E come gli altri must citati, è uno dei suoi picchi d'eccellenza: qui il caffè è innegabilmente molto più buono che da qualsiasi altra parte.
Il segreto della bontà del caffè napoletano è molto napoletano: nel senso che è furbo. Tutti credono di conoscerlo: è l'acqua!
E invece no. La leggendaria "acqua del Serino" non sgorga più dai rubinetti delle rete idrica partenopea da moltissimi anni: e anche se lo facesse ancora, la risposta sarebbe la stessa: acqua. Cioè: continuate a cercare. Perché il segreto del caffè napoletano esiste, ma non è quello.
A Napoli circola una vecchia storia, che i monaci Zen hanno rubato: "se il saggio [purchè sia un saggio napoletano] indica la tazzina di caffè che ha preparato, lo sciocco guarda il caffè". Invece dovrebbe guardare il dito, e poi risalire dal dito al braccio, e da questo al napoletano che lo ha appena fatto; con arte. Perché è proprio lui: il napoletano, il segreto del successo del caffè omonimo.
A Napoli, il dito si dice " 'o rito". Ed è questo, a Napoli, il caffè: un rito antropologico. Una liturgia sociale. In molte parti del mondo il caffè è invece un' "addiction"; una droga. Una bevanda gradevole da ingollare da soli, velocemente, prendendolo magari alla distributrice automatica dell'ufficio, con due obbiettivi: fare giusto un momento di pausa, e ricevere una dose di caffeina che consenta di tornare al lavoro più carichi ed efficienti.
A Napoli no. A Napoli, il caffè è tutta un'altra cosa; è un induttore di socialità. E' il pretesto per fare due chiacchiere, per scambiarsi qualcosa; un "fattariello", una confidenza, una battuta. Questa socialità poi si trasforma in antistress. A Napoli il caffè è un modo per ricordarsi che i piaceri della vita vanno condivisi: perché quando sono divisi-con qualcun altro, si moltiplicano.
La parola -chiave del caffenapoletano (tuttunaparola) è proprio questa: "socialità". Se non pensassimo a lei; se ci limitassimo a considerare solo la funzione "risvegliante" e nervina del caffè, non potremmo mai capire perché il napoletano lo tenga in tanta considerazione: vi pare sensato che il popolo napoletano, notoriamente uno dei popoli più svegli del mondo, abbia bisogno della caffeina per tenere gli occhi aperti?
Si potrebbe obbiettare che a Napoli d'estate fa molto caldo, e che il caffè pomeridiano serve ad emergere dal torpore della pennichella che si fa nella "controra": ma perché mai dovrebbe svegliarsi a tutti i costi, il napoletano, alle tre del pomeriggio di un giorno di luglio? Certo non per andare al lavoro: che qui non c'è, e ad onor del vero non c'è mai stato. 
Il napoletano ama dunque il caffè perchè accompagna la sua socialità. <<Prendiamoci un caffè>>. E’ forse l’esortazione collettiva più frequente a Napoli, motivo d’aggregazione e distensione quotidiana, al lavoro come nel tempo libero. La bevanda nera è senza dubbio il pretesto per una chiacchierata in leggerezza, e viceversa le chiacchierata pretesto per un piacevole caffè.
A Napoli il caffè è un rito che è pure business. Una tradizione talmente salda da aver consacrato in Italia e nel mondo “l’espresso napoletano”; una tradizione che affonda le sue radici nel 1700 quando nell’antica capitale duosiciliana se ne beveva almeno una tazzina al giorno.Ma perché chiunque metta piede a Napoli resta attratto dalla “tazzulella”? Il segreto della miscela napoletana è racchiuso nella particolare tostatura, che le conferisce una più scura colorazione rispetto alle altre regioni italiane. Si dice del caffè nostrano che é cotto “al punto giusto”. Ciò significa che è prestata una grande attenzione durante il processo di torrefazione che, se fosse solo di poco più lunga, causerebbe la bruciatura della miscela stessa. Tale tostatura particolare, dopo qualche giorno di riposo, esalta gli oli essenziali e contribuisce ad una migliore estrazione degli aromi; tutto questo finisce col conferire il caratteristico gusto al caffè napoletano.

Altro punto a favore dell’espresso di casa nostra sta nel fatto che è più salutare di qualsiasi altra preparazione del caffè poiché l’estrazione di caffeina, che è in relazione al tempo di esposizione all’acqua calda, è minima. Ciò significa che, contrariamente a quanto pensano in molti, un caffè ristretto alla napoletana è molto più salutare di un caffè lungo che, oltre ad avere un sapore ed una gustabilità decisamente discutibili, è anche più carico di caffeina.Attorno al caffè a Napoli ruotano riti e aneddoti. Ad esempio è di regola qui bere il caffè con le “5 C”, ovvero le cinque C iniziali della frase “comme cazzo coce chistu café”. Ma scalda più il cuore che il palato la ritualità del caffè pagato, una volta molto più frequente, secondo il quale sia tradizione locale pagare un caffè non ancora consumato a beneficio di chi non se lo possa permettere. Una  grande lezione di solidarietà da parte di un popolo spesso sui giornali per la cronaca nera che non per quello che ha dato alla storia e alla cultura del paese.Come non ricordare, infine, l’ispirazione che la “tazzulella” ha offerto ai cantori di Napoli nelle tante canzoni partenopee che hanno per protagonista il caffè. Così come la celebre scena del caffè rappresentata da Eduardo in “Questi fantasmi“, a testimonianza di un legame indissolubile tra la città e il suo “oro nero”.di Angelo Forgione.
Dalla passione, sempre più grande e condivisa, per il caffè nacque la macchinetta napoletana. In realtà, la napoletana non fu una rivoluzione nell'arte di preparare il caffè: anche se con una certa genialità artigianale, non faceva altro infatti che utilizzare l'antica tecnica dell'infusione, di origine veneziana. 
La "napoletana" non è altro che un filtro che va riempito di caffè in modo uniforme, senza pressarlo. Va poi bollita - a parte - dell'acqua, che va versata sul filtro. Nello spazio di alcuni minuti l'acqua, per "percolazione", passa attraversa il filtro, e il caffè "scende" a raccogliersi nella parte inferiore della macchinetta.
Non si sa di preciso chi l'abbia inventata, perchè non ne fu mai registrato il brevetto. Qualcuno la attribuisce a un certo Antonio Mariani, ma sarebbe forse più giusto parlare di pluripaternità: la cosiddetta "napoletana" è probabilmente un'invenzione collettiva, fatta di progressivi aggiustamenti.
A rendere famosa la "napoletana" fuori dei confini di Napoli è stato Eduardo De Filippo, nella famosa scena del balcone in "Questi fantasmi" per sfuggire al fantasma del nobile spagnolo che (secondo lui) abita la casa, Eduardo si rifugia sul balcone, e lì improvvisa per il suo dirimpettaio (il "professore") una lezione di "Napoletana": competa di "coppetiello" di carta da applicare sul beccuccio, per non far disperdere l'aroma. Il "professore" nella commedia non compare mai; il "fantasma" sì, ed è l'amante della moglie.
Con tutti i suoi meriti, ed il suo romanticismo, la macchinetta napoletana appartiene al passato. Ci sono ancora dei napoletani che si ostinano ad usarla al posto della più pratica Moka espresso. Sentendosi i depositari della tradizione, gli ultimi cultori " d'o ccafè comme se faceva na vota".
Costoro però si sbagliano; e di grosso. Anzi di fino. E' infatti questo (il grado di macinazione del caffè, troppo fino) uno dei problemi ai quali va incontro chi continua ad usare la napoletana. Per evitare che tutta la polvere finisca nel caffè, e che quindi il contenuto di caffeina superi i livelli di guardia, occorrerebbe comprare il caffè in chicchi, e poi macinarlo da sé, fermandosi ad una granulazione più grossa. Invece questi "puristi" impiegano quasi sempre il caffè pre-macinato adatto alla moka, con le conseguenze del caso.
E poi la macchinetta napoletana è una macchina del tempo: nel senso che ce ne vuole troppo (5-6 minuti) perché il caffè finisca di scendere, per gravità. 

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