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giovedì 20 settembre 2012



O' RRAU ALLA NAPOLETANA


                                        

L’etimologia della parola ragù è francese: “ragout” proveniente da “ragouter” (rinforzare il gusto) che a sua volta deriva dal latino gustus.


Una salsa che è stata immortalata in alcuni pezzi letterari.


GIUSEPPE MAROTTA ne “L’oro di Napoli”:


“….. Fin dalle primissime ore del mattino un tenero vapore si congeda dai tegami di terra cotta…. Il cielo di Napoli presiede alle sorti del ragù, perchè il ragù non si cuoce ma si consegue, non è una salsa  ma la storia, il romanzo e il poema di una salsa…. In nessuna fase della cottura deve essere abbandonato a se stesso; come una musica interrotta e ripresa non è più una musica, così un ragù negletto cessa di essere ragù e anzi perde ogni possibiltà di diventarlo.”

Ingredienti
1,5 Kg di carne (alla chianchiere, in pezzo unico oppure mista, secondo ciò che avete scelto leggendo le indicazioni). Se avete scelto il pezzo intero dovrete lardellarlo con 100 gr di ladro di pancia (oppure prosciutto crudo gasso), con 50 gr  di pancetta tesa affumicata, prezzemolo e pepe.
Inoltre:
3 tracchiolelle
100 gr di cotica di maiale
600 gr di cipolle dorate vecchie
100 di sugna (strutto) – se non ne avete una di buona qualità sostituitela con un ottimo olio evo
50 gr di lardo di pancia
1/4 (e più) di vino rosso di Gragnano (altrimenti usatene uno asciutto e frizzante)
50 gr di pancetta tesa affumicata
400 ml di concentrato di pomodoro
(in realtà la ricetta originale del ragù napoletano non prevede l’uso di pelate, passate o concentrato di pomodoro, ma soltanto la “conserva” di pomodoro, che contiene meno acqua, oggi sostituita dal concentrato)
1,5 litri di passata di pomodoro (1 Kg di San Marzano d’estate)
- se poi vogliamo essere pignoli ci vorrebbero delle pelate passate in quanto hanno una consistenza più liquida che consente, quindi, di non far addensare troppo presto il sugo. Fate così: se utilizzate poco concentrato aggiungete la passata, se invece volete usare parecchio concentrato allora usate le pelate passate -
1 ciuffetto di basilico

Procedimento
Mettete nella pentola di coccio tutti i grassi (il lardo e la pancetta tritati) e fatevi rosolare la carne a fuoco bello vivo, ma non troppo alto, sino a raggiungere, come dice Eduardo De Filippo, un bel color biscotto. Rosolare per bene la carne facendole fare la crosticina. Sfumate con un pochino di vino rosso, vedrete che la crosticina tenderà a sciogliersi, aggiungete la cipolla tritata non troppo finemente (la cipolla dovrà cuocere a fuoco moderato fino a consumare tutta la sua acqua e raggiungere un colore ambrato diventando cremosa). A questo punto sfumare con altro vino rosso il tutto. Dovrete quindi rimanere ai fornelli a sorvegliare la vostra “creatura”, pronti a rimestare con la cucchiarella di legno, e bagnare con il vino, appena il sugo si sarà asciugato. Inoltre, il fuoco andrà alzato in alcune fasi ed abbassato in altre (in generale vi consiglio di aumentare il fuoco ogni qual volta aggiungete un ingrediente e di abbassarlo quando raggiunge la temperatura). A questo punto, eliminare temporaneamente la carne e la cotica, ed aggiungere poco per volta (dovrete rimestarlo ed amalgamarlo pian pianino) il concentrato di pomodoro stemperato in poca acqua. E’ proprio alla fine di questa fase che il sugo assumerà la colorazione palissandro di cui ci parla Edoardo. Inserite di nuovo la carne e la cotica ed aggiungete la passata di pomodoro oppure le  scatole di pelati opportunamente passate al passaverdura (NON frullate): la passata, abbinata al concentrato potrebbe tendere ad addensare un po’ troppo presto….. Comunque, se ciò accadesse, niente paura: aggiungete più acqua!! Se invece è estate , usate i pomodori San Marzano, anch’essi passati al passaverdure). Alzate la fiamma per portare il tutto a bollore e poi abbassatela di nuovo. La cottura della carne potrebbe  richiedere più acqua di quella contenuta nei pomodori perciò, come vi dicevo poc’anzi, aggiungete a “sentimento” quella che vi sembra che serva. Personalmente vi suggerisco di aggiungerne in abbondanza… se dovesse poi risultare troppa basterà far cuocere di più affinchè evapori. Siamo ora giunti al momento di far “peppiare” il sugo per tutto il tempo necessario avendo cura di rimestare di tanto in tanto (questa fase deve durare non meno di 4 ore). Il sale ed un pizzico di pepe dovete aggiungerli quasi a fine cottura. Il ragù sarà pronto quando il pomodoro non avrà più sentore di crudo; la salsa si dovrà presentare di colore molto scuro, di aspetto untuoso, lucido e denso. Prima di spegnere aggiungete una bella manciata di basilico (spezzettato con le mani, mi raccomando, altrimenti perderebbe il suo profumo, colore e sapore).A fine cottura, togliete la carne e conservate il sugo al fresco (d’estate in frigo ma d’inverno fuori al balcone) per il giorno dopo, quando con un cucchiaio potrete raccogliere tutto il grasso rappreso in superficie e riscaldare il sugo a fuoco lento
I paccheri e gli ziti, di cui vi ho parlato nella ricetta della Genovese, sono nati proprio per essere conditi con questa salsa, mentre i mezzani e i bucatini nacquero per essere accompagnati con la Genovese.

Ma come va servito il ragù? Conditeci la pasta doppia (meglio quella trafilata al piombo che essendo ruvida trattiene di più il sugo) o gli gnocchi (magari stufati al forno nel “pignatiello” con la mozzarella) in questo modo: versate la pasta al dente in una zuppiera da servizio, cospargete con un bel mestolo di ragù e rigirate per fare insaporire il tutto. Aggiungete un’altro mestolo di ragù in cima ed una bella grattata di pecorino o caciocavallo (il grana ed il parmigiano sono arrivati sulle tavole dei napoletani in un secondo momento). Portate a tavola una salsiera con altro ragù.





SIGMUND FREUD nel suo saggio “Edipo in cucina”

Non tutti sanno, che anche Freud si è occupato del ragù napoletano scrivendo un breve saggio, ad inizio secolo, sulla rappresentazione simbolica dei riti legati alla sua preparazione.
Nella ricetta della Genovese vi ho parlato degli “zitoni” (grossi “ziti”) che per essere mangiati dovevavno (e devono) essere spezzati a mano. Questo compito era generalmente affidato ai piccoli di casa e perciò anch’io, ai tempi, ne ho avuto incarico. Ricordo che le dita dopo un po’ mi facevano male, ma stoicamente e golosamente continuavo al pensiero di ciò che mi attendeva al termine di questa operazione: il rimasuglio della pasta spezzata quasi si fondeva al sugo e quell’ultimo boccone era il più buono ed il più ricco di sugo. Lo zitone, come tutta la pasta per noi napoletani, deve essere al dente: cotta ma un pò dura. Ciò per, qualche studioso, diventa un’ambiguità tra maschio e femmina: Freud, profondamente colpito, durante un suo viaggio a Napoli, scrisse un piccolo saggio all’inizio del secolo denominato “Edipo in cucina” in cui paragonava il mangiare maccheroni col ragù all’unione incestuosa con la madre, ravvisando una sorta di castrazione maschile sempre ad opera della madre stessa.



Il grande EDUARDO nella sua commedia  ”Sabato, domenica e lunedì”, nel dialogo fra donna Rosa Piscopo e la sua donna di servizio Virginia, ha lasciato traccia di una vera e propria ricetta del ragù. Dal I atto della commedia:
“Presso il tavolo centrale c’è donna Rosa che sta preparando il rituale ragù. Sta legando il girello, “il pezzo di annecchia” (cinque chilogrammi) che dovrà allietare la mensa domenicale dell’indomani. Virginia la cameriera gomito a gomito con la padrona affetta cipolle; ne ha già fatto un bel mucchio: ma ne deve affettare ancora.La poverina ogni tanto si asciuga le lacrime o con il dorso della mano o con l’avambraccio: ma continua stoicamente il suo lavoro.”nell lettura dì Marotta e di Eduardo si legge tutta la tradizione ed i segreti del ragù. Vi si leggono le parole chiave di tutta ricetta: il ragù richiede attenzione, ore ed ore di amore e dedizione. Deve cuocere lentamente e non essere mai abbandonato…per questa ragione si comincia a cuocere il sabato per tre ore e si finisce di cuocere la domenica per altre due ore. Il ragù dovrebbe essere cotto nel rame, ma va bene anche l’alluminio (MAI l’acciaio, anche perchè il ragù dopo cotto si mette al fresco fuori al balcone – NON nel frigo – fino al giorno dopo – in questo modo i grassi salgono a galla e possono essere eliminati – se restasse nell’acciaio il pomodoro potrebbe inacidire). Tale grasso non va buttato, ma conviene utilizzarlo successivamente come grasso di base per altre preparazioni che acquisteranno un gusto particolare. Ottima scelta è cuocere nella pentola di coccio. Per la stessa ragione poc’anzi descritta bisogna usare una “cucchiarella” (cucchiaio di legno). Peppiare: Il toscano traduce questa parola con sobbollire, ma è impreciso: un ragù napoletano che sobollisse e non peppiasse non sarebbe vero ragù: la salsa deve bollire a fiamma piuttosto bassa poggiando la “cucchiarella” sul lato della pentola col coperchio sopra, proprio come descrive donna Rosa nella commedìa………

in modo tale che, il filo d’aria entrante dalla fessura lasciata aperta, impedisca alla salsa di attingere forza dal fuoco e di bollire (la qual cosa rovinerebbe tutto). Il ragù peppiando (pipeggiando, facendo il rumore della pipa) avrà un bollore prolungato ma calmo…… riflessivo.  Soltanto quando vedrete che i grassi affiorano in superfice, potrete essere certi di avere, come dice Marotta, “conseguito il ragù”.

Anche per il Ragù, come per la Genovese, non esiste una ricetta unica. A differenza della Genovese il Ragù può prevedere differenti pezzi di carne. Se si deve realizzare un ragù per la lasagna di carnevale bisognerebbe utilizzare solamente carne di maiale, ma dato che ai giorni nostri il maiale non è più quello di una volta è preferibile mischiarla con quella di bue o di vacca (che sia un bovino decisamente adulto), preferendo un muscolo resistente alla cottura, saporoso…… anche un po’ grasso e venato. Molti adoperano un solo tipo di carne, ma si può usare anche un misto alla “chianchiere” (il macellaio di una volta). Per la carne di maiale usare la “tracchia” o la “tracchiulella” (in Italiano si chiamano spuntature), una oppure due cervellatine (sono come delle salsicce ma sottili – facoltative-)  e la “gallinella” (muscolo del polpaccio – sopracoscio) – il nome è dovuto al fatto che il pezzo di carne in questione ha quasi la forma di una piccola gallina con le ali ripiegate sul corpo, mentre “la tracchiolella” (diminutivo di “tracchia”) deriva dal greco tràchelos =collo, cervice in quanto le migliori sono quelle umide ricavate dalla sfasciatura delle vertebre del collo della bestia (se è di costato è detta tracchia asciutta in quanto povera di grasso e quindi meno morbida e succosa) . Per la carne rossa sono ottimi anche i pezzi meno pregiati come il “gammunciello” di annecchia (animale non più vitello, ma ancora manzo); vi sembrerà strano ma molto meglio sarebbe utilizzare una carne di terzo taglio, infatti se considerate che la carne dovrà rilasciare il suo sapore al sugo, un po’ come avviene per il brodo….. ci pensate che schifezza di brodo si otterrebbe senza una carne succosa, nervosa e grassa?? Per maggiorimo (come diciamo a Napoli ” ‘a morta soja”) sarebbe fare il Ragù con la braciola…. 

‘                      O ‘rraù (Il ragù) dì Eduardo de  Fìlìppo


‘O rraù ca piace a me (Il ragù che piace a me)

m’ ‘o ffaceva sulo mammà. (me lo faceva solo mammà.)

A che m’aggio spusato a te, (Da quando mi sono sposato te,)

ne parlammo pè ne parlà. (ne parliamo per parlarne.)

Io nun songo difficultoso; (Io non sono difficile;)

ma luvàmmel’ ‘a miezo st’uso (ma togliamo di mezzo questo uso)

Sì, va buono: cumme vuò tu. (Sì, va bene: come vuoi tu.)

Mo ce avéssem’ appiccecà? (Ma adesso vorresti litigare?)

Tu che dice? Chest’è rraù? (Tu cosa dici? Che questo è ragù?)

E io m’ ‘o mmagno pè m’ ‘o mangià… (E io lo mangio per mangiare)

M’ ‘a faja dicere na parola?… (Mi fai dire una parola?…)

Chesta è carne c’ ‘a pummarola. (Questa è carne con il pomodoro.)




P.S.: non so se accade in tutte le famiglie di Italia, ma qui a Napoli è così! Ciò che ci cucinava la nostra mamma non sarà mai più ripetibile da chiunque tenti di farlo. Cruccio delle nuore e vanto dei figli!!




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